lunedì 8 aprile 2013

Come Pietra Paziente.....il viaggio catartico di una donna attraverso le parole



“La mia pietra paziente” lo sentiamo ripetere più volte dalla protagonista senza nome dell’omonimo film di Atiq Rahimi “Come pietra paziente”.

La vicenda è ambientata in un paese qualunque dell’Afghanistan, proprio l’indeterminatezza del luogo e del nome della protagonista danno un senso di universalità. Chiunque potrebbe vivere una storia simile, ovunque potrebbero verificarsi simili circostanze. La protagonista è la bellissima e talentuosa Golshifteh Farahani, iraniana, esule dal suo paese dopo aver posato a seno nudo per una campagna contro la violenza sulle donne. La Golshifteh interpreta una giovane madre, sposata ad un “eroe di guerra”, un combattente, un mujaeddhin che durante una sciocca rissa è stato colpito al collo da un proiettile, che lo ha reso un vegetale. L’uomo non è morto, né vivo, è in coma, tenuto in vita da una rudimentale flebo che la moglie gli prepara con acqua zucchero e sale. La giovane si prende cura del marito con una dedizione e fedeltà tali che paiono immediatamente ingiustificate nel momento in cui si scopre la vera natura del rapporto tra i due. Sposati sì, ma come accade spesso in certi paesi del mondo, sposati per scelte non loro, un marito e una moglie che non si sono mai conosciuti, né mai amati. “Non mi hai mai ascoltato” dirà la giovane all’uomo in coma, “ero solo un pezzo di carne”.
Intanto la guerra inizia a disturbare la vita del piccolo paese ormai divenuto desertico. La giovane si trova da sola a dover affrontare una realtà a cui non era preparata, abbandonata da tutti i parenti del marito che dato che lui è vivo non possono prendere con le la moglie e le figlie. Dimostrando una forza d’animo e un grande coraggio la protagonista si rifugia da una zia, che dirige una casa del piacere, dove trova rifugio per se e le sue bambine mentre continua amorevolmente a prendersi cura del marito. Sarà proprio la zia, che la accompagna e la consiglia a parlare alla giovane moglie convinta mussulmana della Syngue Sabour, la pietra paziente. Secondo una tradizione persiana, la pietra paziente era una roccia destinata ad ascoltare le confessioni degli uomini, ad ascoltarne i problemi, i racconti, raccogliendole e facendosene carico, fino ad arrivare a sgretolarsi sotto il peso di tali confessioni, liberando il narratore dalle sue angosce. La protagonista ha trovato la sua pietra paziente nel marito, che finalmente, ora che è in coma la sta a sentire, ora è disposto ad ascoltare tutti i racconti di lei, tutte le sofferenze che ha sopportato, le umiliazioni e le paure superate senza poter reagire. L’uomo, assisterà alle confessioni più oscure, profonde della moglie, che affiderà alla sua pietra sensazioni e ricordi che mai avrebbe svelato a nessuno, liberando la sua coscienza e dando vita ad una sorta di viaggio liberatorio. La giovane protagonista rimanendo all’interno delle quattro pareti scrostate di casa sua compirà un viaggio verso l’indipendenza e l’emancipazione, una lotta interiore con sé stessa, le proprie tradizioni, la propria cultura scoprendo la donna che c’è in lei, la sua femminilità la sua forza e indipendenza. Le parole, per tanti anni tenute nel cuore, la renderanno libera.
In questo viaggio, incontrerà anche un giovane soldato, inesperto nelle arti dell’amore, ma che si farà guidare da lei, aiutandola a comprendere come può essere dolce amorevole e paritario il rapporto tra uomo e donna. Accompagnata dalla zia, che pare il Virgilio dantesco, la protagonista acquisirà una nuova consapevolezza di sé stessa, ribellandosi alla cultura che le è stata insegnata e alla vita a cui è stata costretta attraverso. Nel film, che non è altro che un lungo monologo, assistiamo pian piano alla sua emancipazione, la protagonista racconta e raccontando si rende conto che ora è libera di dire, di pensare e di agire. Questa sua trasformazione si riflette anche nell’aspetto, che inizialmente è quello di una donna provata, poco curata, trascurata, che si sacrifica per il marito; mentre alla fine si trasforma in quello di una donna bellissima e consapevole, per la prima volta con i capelli sciolti e pettinati e con le labbra dipinte di rosso, rosso come la passione, come l’amore e come il sangue. Una donna che grazie alla sua Pietra Paziente che alla fine si è sgretolata è finalmente libera, può iniziare una nuova vita “Sono diventata profeta” ripete la protagonista nelle ultime battute. Profeta dell’emancipazione, della riscoperta della sessualità e femminilità, della parità, profeta della parola. 


5 commenti:

  1. Ciao sara,
    vieni nel mio blog, c'e' un premio per te ;)

    http://sussurropagano.blogspot.it/

    PS: e se ti va c'e' anche il mio primo link party ;)

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  2. Ciao, anch'io ho un picolo premio per te!!!

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  3. Proprio oggi ho letto la sua storia sul giornale. E' molto difficile per una donna vivere in quei paesi. Io da piccola ho vissuto in India e Bangladesh, però lì le donne erano più libere o almeno non erano prigioniere dentro casa.
    Sono una nuova seguitrice.

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  4. Però che bello, dev'essere davvero interessante vivere e conoscere luoghi e culture così diverse!! Però sì, spesso ancora oggi i diritti umani e delle donne in particolare non esistono nemmeno!! Sono anche io una tua nuova follower, la moda soprattutto se originale interessa sempre!! :)

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  5. Anche a me ha colpito molto questo film! Bella recensione (-:
    Anch'io ne ho parlato sul mio blog (http://ilmondoinunaciliegia.wordpress.com/2013/05/25/donne-coraggiose/)...cosa ne pensi? Buona serata, Anna

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