Arabeschi di fumo bluastri. Una sigaretta appena
accesa lasciata a morire nel posacenere. La concentrazione, il rumore delle
dita che picchiettano sui tasti di una Olivetti Lettera 32. Il bisogno di
scrivere, il dovere di raccontare.
È così, immersa nella penombra, china su una
scrivania, indaffarata, quasi trasandata che immagino Oriana Fallaci nell’anniversario
della sua nascita. La giornalista che fin da ragazzina sognava di diventare uno
scrittore, la donna che si spogliò del chador in un’intervista con l’Imam Khomeini,
la reporter ferita da un proiettile durante gli scontri tra polizia e studenti
a Città del Messico, l'autrice che ha scritto del suo amore tragico per un uomo che rincorreva un'ideale. Un’Oriana severa e rigorosa, che ha affinato la tecnica
delle sue interviste, incisive, scomode, pungenti, fatte di domande che
provocano gli interlocutori, li disarmano, li sorprendono, li torturano, li
indagano. Tacnica a cui forse ha iniziato a lavorare fin da quando intrappolata
nella mondanità intervistava le star del cinema. Poi il Vietnam, il Messico, l’India,
il Pakistan, il Medio Oriente, gli Usa, il viaggio alla scoperta della guerra e
del potere, un potere che la affascina, che la incuriosisce e al tempo stesso
la disgusta. Viaggio che la con duce fino all’amore: Alekos, leader della
resistenza greca alla dittatura dei colonnelli, a cui Oriana chiede un’intervista
che si trasformerà in un “coito dell’anima”. Una storia appassionata e
tormentata, oscura, dolorosa, segnata da timori, fughe, litigi, tradimenti, e che
si concluderà nell’unico modo possibile. Dopo il dolore per la perdita dell’amore
e di un figlio, ancora lavoro, ancora
scrivere, ancora guerre per Oriana, fino alla battaglia più subdola, che Oriana
quasi rifiuta di combattere, quella con “l’Alieno”. Un tumore ai polmoni che cerca di portarla via dal suo “bambino” il progetto di una saga familiare, quello che immagina
come il suo ultimo scritto. Una lotta contro il tempo, che la porta ad
isolarsi, a chiudersi nel silenzio del lavoro febbrile. Fino all'undici settembre 2001, giorno terribile per l'America e per il mondo, che risveglia la coscienza di Oriana. Nasce così “La rabbia e l’orgoglio” un'articolo che diventerà libro. Infine “Intervista a sé stessa” perché: “Primo:
detesto le interviste. Le ho sempre detestate, incominciando da quelle che
facevamo ai cosiddetti potenti-della-Terra. Per essere buona un’intervista deve
infilarsi, affondarsi, nel cuore dell’intervistato. E questo mi ha sempre
incusso disagio. In questo ho sempre visto un atto di violenza, di crudeltà.
Secondo: in maniera particolare ho sempre detestato quelle che i giornalisti
facevano a me, non di rado manipolando le mie parole, alterandole fino a
rovesciarne il significato, aggiungendo al testo scritto domande che non
avevano avuto il coraggio di porre e quindi risposte che non avevo mai dato”.
E poi, il silenzio, il 15 settembre 2006 Oriana
Fallaci muore lasciando uno spazio che nessuno è ancora stato in grado di
occupare.
http://www.facebook.com/pages/Semplicemente-vita/124351201107868
RispondiElimina