Promised
Land, la terra promessa biblica, l’incarnazione del “sogno americano” non
esiste più.
Film del
2012, diretto da Gus Van Sant, Promise Land è basato su una storia dello scrittore
statunitense Dave Eggers, ed è sceneggiato direttamente dai due attori protagonisti:
Matt Damon e John Krasinski, che ne hanno costruito e studiato i dialoghi.
La prima
cosa a colpire lo spettatore è il titolo, soprattutto se collegato alla trama. La
narrazione è ambientata in un' America rurale in profonda crisi economica certo ma soprattutto
di ideali e coscienze. Il tema trattato è attualissimo: l’impatto ambientale di alcune
fonti energetiche che costringe l’uomo a confrontarsi con se stesso, e a definire la
propria rotta: verso la modernità e la ricchezza o verso le tradizioni e gli
affetti?
Dicevo, il
tema è il gas naturale, una fonte energetica alternativa e indubbiamente
vantaggiosa: è meno inquinante di petrolio e carbone ed è facilmente reperibile
anche in occidente e quindi non rientra nei giochi di potere internazionali che
hanno causato parecchie guerre. Il tutto sembra deporre a favore di questa
fonte alternativa, fino a quando non apprendiamo in che modo
viene estratto: fatturazione idraulica, trivellando il terreno e riempiendolo
di acqua e prodotti chimici.
In Promised Land, Steve Butler (Matt Damon) accompagnato dalla collega Sue (Frances McDormand) è incaricato dalla società energetica per cui lavora, la Global, di comprare il diritto di trivellare i terreni privati dei cittadini di una piccola città di campagna. Steve e Sue sono dei veri professionisti nel convincere gli abitanti, con i loro rituali di frasi fatte ripetute all’infinito, con la teoria del “sembrare uno del posto” che li porta ad indossare jeans e camicie di flanella a quadri riescono in poco tempo a convincere buona parte dei contadini. “Sei tu il proprietario?” chiede Steve ai bambini che trova fuori dalle fattorie “No” rispondono i piccoli “allora perché fanno fare tutto a te?”… il copione si ripete innumerevoli volte, e la formula pare vincente. Mentre Steve parla col padre di famiglia, facendoli capire quanto potrebbe guadagnare “senza fare nulla” Sue si dedica alla madre, sottolineando l’importanza di una buona istruzione e preparazione tecnologica, che anche se costosa sarà necessaria per i figli perché abbiano un futuro di successo. Futuro che dei semplici contadini faticherebbero a dare ai figli...
In Promised Land, Steve Butler (Matt Damon) accompagnato dalla collega Sue (Frances McDormand) è incaricato dalla società energetica per cui lavora, la Global, di comprare il diritto di trivellare i terreni privati dei cittadini di una piccola città di campagna. Steve e Sue sono dei veri professionisti nel convincere gli abitanti, con i loro rituali di frasi fatte ripetute all’infinito, con la teoria del “sembrare uno del posto” che li porta ad indossare jeans e camicie di flanella a quadri riescono in poco tempo a convincere buona parte dei contadini. “Sei tu il proprietario?” chiede Steve ai bambini che trova fuori dalle fattorie “No” rispondono i piccoli “allora perché fanno fare tutto a te?”… il copione si ripete innumerevoli volte, e la formula pare vincente. Mentre Steve parla col padre di famiglia, facendoli capire quanto potrebbe guadagnare “senza fare nulla” Sue si dedica alla madre, sottolineando l’importanza di una buona istruzione e preparazione tecnologica, che anche se costosa sarà necessaria per i figli perché abbiano un futuro di successo. Futuro che dei semplici contadini faticherebbero a dare ai figli...
Insomma la loro tecnica è ottima, e almeno
inizialmente anche allo spettatore appaiono come i paladini buoni, portatori di
modernità e benessere. Fino a quando il professore di scienze del liceo (che è
molto più preparato di quanto sembri e che mette in difficoltà lo stesso Steve)
non inizia ad esporre i suoi dubbi in una assemblea pubblica, dubbi sui
possibili danni, sull’opportunità di una simile operazione e sulla disparità di
guadagno che si prospetta per i proprietari dei terreni e per la Global. Queste
affermazioni iniziano ad insinuare il dubbio tra la popolazione locale. Ad aggravare
il tutto è l’arrivo di Dustin Noble (John Krasinski) un giovane attivista
ambientale, che attira fin da subito le simpatie degli abitanti e anche degli
spettatori. Racconta la sua storia e inizia una campagna contro la Global,
attività che fa subito molti sostenitori anche grazie al carisma di Dustin,
vincente, che umilia e schiaccia con ironica crudeltà Steve. A questo punto
anche i due personaggi di Steve e Sue iniziano a vacillare, lei, madre
lontana dal figlio ne sente evidentemente la mancanza, guarda le partite sportive
e la mente corre al figlio giocatore di basebool. Anche Steve,
che ha appena ricevuto una promozione dalla Global inizia a vacillare, davanti
alle immagini di mucche morte a causa del loro lavoro afferma “lo avremmo
saputo” più per auto convincersi che per altro, così come tiene a ripetere più
volte nella pellicola a Alice, maestra di cui si invaghisce “non sono una
cattiva persona”.
Il dubbio si insinua anche nelle loro coscienze, la vita di
campagna, i valori della campagna, la gente di campagna inizia a piacere ai
due. Nella loro crisi di coscienza ci riconosciamo anche noi spettatori e così
anche il regista, che rimane imparziale, anche troppo imparziale fino alla
fine. Il finale è davvero a sorpresa, o meglio il pre finale è a sorpresa, il
vero finale è l’unico possibile. Steve vede crollare tutte le sue convinzioni,
sia per quanto riguarda se stesso che per quanto riguarda la società per cui
lavora, le angosce che fino ad adesso aveva avvertito e mai ascoltato si
dimostrano vere. L’occasione è perfetta per ricominciare, per un colpo di
testa.
ciao sara, inizio a seguirti davvero con tanto piacere:) Buona giornata*
RispondiEliminaCiao Sara, sono arrivata qui tramite il link party :)
RispondiEliminahai un blog molto carino, anche a me piace molto leggere, ma con due bimbi piccoli mi è quasi impossibile. Ti seguo volentieri, almeno prendo spunto per qualche nuovo titolo da leggere quest'estate in vacanza :)
buona giornata!