martedì 27 novembre 2012

Cina. Dove le parole fanno paura...





Censura. Una parola che per noi, in Italia, non ha più alcun significato. È dai tempi del fascismo che lo stato non applica più la censura ai mezzi di comunicazione.

La libertà di espressione attraverso la radio, internet, i quotidiani e le televisioni, per noi è qualcosa di ovvio, di talmente normale e scontato che nemmeno gli diamo la giusta importanza. Invece, in alcuni paesi, anche in piena ascesa economica la libertà d’espressione non esiste.
L’esempio più eclatante è la Cina, potenza economica mondiale, paese popolosissimo, che tiene i suoi abitanti al guinzaglio.

In Cina, le parole fanno paura.

Nemmeno Internet, il più libero dei mezzi di informazione, riesce a sottrarsi alla censura. Sono oltre 400 i termini proibiti in rete, quando vengono digitati, salta la connessione. Addirittura, da qualche mese, il governo di Pechino per ridurre la libertà di navigazione a zero, ha varato una norma che costringerà tutti gli utenti a registrarsi con un documento d’identità. Si punta quindi sull’autocensura, con la certezza che nessuno pubblicherà su siti o blog contenuti proibiti, sapendo di essere immediatamente rintracciabile.

                                      
                                       


Ma quali sono i temi e le parole proibite? ovviamente tutto ciò che riguarda la politica, i diritti umani, gli scandali o i casi di corruzione. Addirittura, i numeri 64, o 6 4 o 89 sono oscurati, perché ricordano il massacro di piazza Tienanmen (4/6/89), non si può scrivere “leone delle nevi” perché il simbolo è presente sulla bandiera del Tibet. Anche i Teletubby sono vietati, perché il nome di questi cartoni animati è anche il nomignolo per il premier cinese Wen Jiabao, e guai a digitare le parole McDonald’s, Egitto o Tunisia. Oltre a tutto ciò, Twitter, Facebook e perfino Wikipedia non esistono. O almeno non dovrebbero esistere. Al posto dei social network che tutti conosciamo, la Cina ha i suoi personali, privati, tipo RenRen, Weibo e QZone.







Insomma, la Cina è un mondo a parte in cui la libertà d’espressione, che noi diamo per scontata, non è ancora arrivata e nonostante tutto, gli elogi a questo paese, così economicamente aggressivo e tecnologicamente avanzato sembrano non finire mai… 

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