venerdì 29 marzo 2013

Sulla persona...Cosa c'entra Pirandello con noi?




Proprio perché, come si legge nel “sottotitolo” del mio blog sono convinta che il nostro essere e i nostri ragionamenti siano legati alle nostre letture così come alle persone che frequentiamo, mi trovo ora a riflettere su una parola che ha milioni di sfaccettature e risvolti non solo letterari. Questa parola è persona.

Inutile dire che sto preparando l’esame di letteratura italiana moderna e contemporanea, e che quindi Pirandello con le sue riflessioni sulle diverse identità di un singolo individuo, con la critica al pregiudizio e con la sua poetica dell’uomo come maschera mi sta dando infiniti spunti di riflessione.
Il termine “persona” in latino indicava la maschera facciale che gli attori teatrali indossavano abitualmente durante le rappresentazioni. Le maschere erano fondamentali per il teatro antico per due motivi, prima di tutto perché rendevano immediatamente riconoscibile agli spettatori il personaggio in scena (che erano sempre rappresentati con caratterizzazioni fisiche particolari e fisse) e in secondo luogo permettevano l’amplificarsi della voce degli attori. Da quest’ultima caratteristica deriva un secondo significato della parola “persona” quello che la vede formata dal prefisso “per” attraverso e dal verbo “sono” risuonare.
Si rende subito evidente quindi come la parola sia legata al mondo del teatro e in particolar modo alle maschere. Sembra già meno strano il percorso mentale di Pirandello. Partendo dall’etimologia ci rendiamo subito conto che questa derivazione semantica tra persona e maschera implica alcuni concetti legati al mondo teatrale, concetti che Pirandello estremizza. Lo scrittore infatti concepisce la vita come una rappresentazione in cui ognuno di noi recita una parte, una parte ben precisa che può essersi scelto da sé, ma che spesso gli viene assegnata dagli altri. Ruolo che rimane fisso nel tempo, che non può cambiare, la maschera che si indossa deve restare sempre la stessa.
Pensare alla persona come maschera, a noi stessi come maschere è qualcosa di veramente difficile. Pirandello arriva concepire la piena alienazione dell’uomo, costretto dalla società industriale a ricoprire incarichi che lo riducono alla stregua di un attrezzo, e allo stesso tempo considerato dalla mentalità comune come un personaggio. Un essere dal ruolo fisso, dal comportamento invariabile. Quanto di questa concezione pirandelliana dell’uomo esiste ancora nella nostra società?
La persona è oggi diventata un valore, almeno a parole “bisogna partire dalla persona” “vogliamo salvaguardare la persona” “è importante l’integrità della persona”… che persona? Cosa intendiamo per presona?
Il dizionario della lingua italiana Zingarelli indica come persona “essere umano in quanto tale” o ancora “essere umano in quanto membro della società dotato di particolari qualità investito di specifiche funzioni”.
Il concetto di maschera, personaggio è andato completamente perduto, nella definizione e nella concezione comune. Per noi una persona è un essere umano, dotato di qualità che lo caratterizzano e differenziano dagli altri. Però dobbiamo anche ammettere che quello di vedere le persone attorno a noi come caratteri fissi è per certi versi un abitudine che continuiamo ad avere. Insomma Pirandello è ancora attuale in questo senso, anche noi, ancora ci facciamo un’ idea ben precisa delle persone che abbiamo accanto e le rendiamo simili a dei personaggi, senza indagarne sempre a fondo la personalità.

Voi sbagliate! Siamo molto superficiali, io e voi. Non andiamo ben addentro allo scherzo, che è più profondo e radicale, cari miei. E consiste in questo: che l'essere agisce necessariamente per forme, che sono le apparenze che esso si crea, e a cui noi diamo valore di realtà. Un valore che cangia, naturalmente, secondo l'essere che in quella forma e in quell'atto ci appare. E ci deve sembrare per forza che gli altri hanno sbagliato; che una data forma, un dato atto non è questo e non è così. Ma inevitabilmente, poco dopo, se ci spostiamo d'un punto, ci accorgiamo che abbiamo sbagliato anche noi, e che non è questo e non è così; sicché alla fine siamo costretti a riconoscere che non sarà mai né questo né così in nessun modo stabile e sicuro; ma ora in un modo ora in un altro, che tutti a un certo punto ci parranno sbagliati, o tutti veri, che è lo stesso; perché una realtà non ci fu data e non c'è, ma dobbiamo farcela noi, se vogliamo essere: e non sarà mai una per tutti, una per sempre, ma di continuo e infinitamente mutabile.
                                                               
                                                                Luigi Pirandello “Uno, nessuno e centomila”

Sempre in “Uno, nessuno e centomila” questo concetto del pregiudizio inevitabile degli uomini è esemplificato nella vicenda del protagonista, Vitangelo Moscarda, che ritenuto, a torto, un usuraio, cerca in tutti i modi di dimostrare che l’idea che in paese si sono fatti di lui è sbagliata, ma finisce solo per essere considerato un pazzo. Perché le convinzioni che ci si costruiscono riguardo a una persona difficilmente possono mutare, nemmeno davanti alla prova del nostro errore siamo disposti a cambiare opinione. Ovviamente Pirandello in questa vicenda estremizza il concetto, ma anche oggi quante volte diciamo o ci sentiamo dire “non è da te” oppure “da te non me lo sarei aspettato” ecc…. Nonostante la morale cristiana del perdono, nonostante oggi il tema della redenzione dei “cattivi” e del “dare una seconda possibilità” sia così in voga si fa ancora fatica a crederci veramente. La persona è un insieme di più persone “uno, nessuno e centomila” appunto, che di volta in volta può cambiare atteggiamenti e reazioni. Pirandello sostiene che imporre a noi stessi o agli altri una maschera fissa, dietro cui nascondersi, per recitare un ruolo è una condanna che deriva da una concezione che vede il l’uomo come qualcosa di fisso e immutabile nel tempo.
Riguardo a questa concezione pirandelliana non so bene come pormi. Da un lato approvo e sono in pieno accordo con lo scrittore novecentesco, da un altro lato trovo che la nostra società e le nostre coscienze siano più aperte rispetto a quelle novecentesche, forse proprio grazie alle riflessioni di Pirandello.


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